La Corte dei Conti non ha dubbi: ulteriori tagli lineari e l’assenza di investimenti in sanità, destinati in particolare all’assistenza territoriale e domiciliare e all’ammodernamento tecnologico e infrastrutturale, «potrebbero rendere problematico il mantenimento dell’attuale assetto dei Lea facendo emergere, nel medio periodo, deficit assistenziali, più marcati nelle Regioni meridionali, dove sono relativamente più frequenti tali carenze».

È quanto si legge nella Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali 2013, nella quale il giudice contabile riconosce lo sforzo richiesto al Servizio sanitario nazionale nella riduzione della spesa pubblica complessiva, nonché il contributo apportato dalle Regioni, in particolare da quelle in Piano di rientro, per la contrazione della spesa sanitaria nell’ultimo triennio, che ha registrato un meno di 3,1 mld. Si legge, infatti, nel rapporto che “l’effetto combinato delle decisioni deliberate dal Parlamento nazionale e delle manovre correttive attuate dalle Regioni (sia in piano di rientro che non), hanno generato riduzioni di spesa nettamente superiori a quelle stimate e alle corrispondenti riduzioni di finanziamento decise con la spending review”. Un risultato in gran parte ascrivibile alla riduzione della spesa per il personale e della farmaceutica convenzionata, anche se si segnala come i ticket sui medicinali siano cresciuti del 66% negli ultimi 4 anni. Permangono, invece, difficoltà nel contenere la spesa farmaceutica ospedaliera, nonostante il tetto. Resta ancora alta la spesa per beni e servizi.

Guardando al futuro, il giudice contabile ritiene che il processo di revisione della spesa sanitaria dovrà essere più selettivo e sottolinea la necessità di reinvestire risorse nei servizi sanitari relativamente più carenti, traendole dai settori dove vi sono ancora margini di inefficienze da recuperare, ovvero negli acquisti di beni e servizi, che vanno effettuati attraverso centrali d’appalto. Il rischio è quello di compromettere il principio di equità nell’erogazione dei Lea, soprattutto nelle realtà meridionali.

Visite: 3029

Una boccata d’ossigeno e un sospiro di sollievo per il personale precario degli enti del Servizio sanitario nazionale, il Dpcm sui precari, attuativo dell'articolo 4, comma 10, del decreto legge 31 agosto 2013 n. 101 "Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”, ha finalmente ottenuto il via libera della Conferenza Stato Regioni.

Ma vediamo nel dettaglio che cosa prevede il provvedimento: a) procedure di reclutamento speciale transitorie che potranno essere espletate, dopo la modifica apportata dalle Regioni, entro il 2018 e non più entro il 2016, destinate al personale in possesso di contratto di lavoro a tempo determinato in misura non superiore al 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili per assunzioni a tempo indeterminato; b) procedure di reclutamento speciale per LSU e LPU (Lavori socialmente utili); c) la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato; d) la possibilità di partecipare alle procedure in questione per il personale dedicato alla ricerca in sanità e per il personale medico in servizio presso il Pronto soccorso delle aziende sanitarie locali, con almeno 5 anni di prestazione continuativa, ancorché non in possesso della specializzazione.

Per il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin: «è stato fatto un primo passo fondamentale per dare risposte a lavoratori che hanno dato tanto al Servizio sanitario nazionale in termini di competenza e impegno e che da anni attendono di essere stabilizzati. Siamo consapevoli che molto resta da fare, ma dobbiamo considerarlo l'inizio di un percorso sul quale continuare a lavorare per cogliere l'obiettivo di azzerare le sacche di precariato presenti nelle aziende ospedaliere italiane».

Visite: 3083

Freccia verso il basso per i ricoveri negli ospedali italiani nei primi sei mesi del 2014. Infatti, rispetto al primo semestre dell’anno precedente si osserva una generale diminuzione del volume di attività erogata: il numero complessivo di dimissioni per acuti, riabilitazione e lungodegenza passa da 4.782.288 a 4.352.458 unità, con una diminuzione di circa il 9%; il corrispondente volume complessivo di giornate passa da 31.092.743 a 29.237.850, con una riduzione del 6% circa. È questa la fotografia scattata dal Rapporto sull’attività ospedaliera per il primo semestre 2014, a cura della Direzione generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute, un'analisi preliminare basata sui dati provvisori disponibili sul Nuovo sistema informativo sanitario del Ministero.

In particolare sono 3.208.701 le dimissioni per acuti in regime ordinario erogate nel primo semestre 2014 e 920.757 quelle erogate in regime diurno; 169.429 sono le dimissioni in riabilitazione (di cui poco più del 92% in regime ordinario) e 53.571 quelle per lungodegenza. Il corrispondente volume di giornate erogate si attesta a 21.778.462 per acuti in regime ordinario e 1.716.604 accessi in regime diurno, 4.244.555 giornate in riabilitazione (di cui oltre il 95% in regime ordinario) e 1.498.229 in lungodegenza.

La principale causa di ricorso all'ospedale in regime ordinario, pur non costituendo una condizione patologica, è rappresentata dal parto, con 137.765 dimissioni per parto naturale e 74.713 dimissioni per cesareo senza complicanze. Le altre cause sono riconducibili a patologie cardiovascolari, interventi chirurgici per sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto degli arti inferiori. La banca dati Sdo relativa al semestre 2014, precisa il Ministero, ha un elevato livello di completezza della rilevazione pari al 99% per gli istituti pubblici e 99,3% per gli accreditati. Una scheda Sdo contiene 45 variabili e, poiché nei primi sei mesi 2014, ne sono pervenute ben 4.532.720, il numero delle informazioni elaborate è di 203.972.400.

Per approfondimenti:

Visite: 2431

Il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini ha firmato il decreto interministeriale per il riordino delle scuole di specializzazione in Medicina, il provvedimento passa ora alla firma del Ministro della salute Lorenzin che ha già dato parere positivo. I nuovi corsi saranno più brevi (3, 4, 5 anni al massimo) in linea con gli standard europei; la riduzione del percorso di studio  riguarda oltre 30 Scuole su 55. È previsto, inoltre, l’accorpamento di cinque Scuole precedentemente esistenti, mentre due (Medicina aeronautica e spaziale e Odontoiatria clinica generale) vengono eliminate, si passa così dalle attuali 61 a 55. Novità anche sul fronte della formazione poiché verranno rivisti gli obiettivi formativi e la distribuzione dei crediti: almeno il 70% della formazione dovrà essere dedicato allo svolgimento di attività professionalizzanti. I neo-medici potranno fare il loro percorso all’interno di una rete formativa più vasta che includerà, oltre ai policlinici universitari, i presidi ospedalieri e le strutture territoriali del Ssn, purché accreditati secondo specifici parametri valutativi. Infine il Ministro Giannini, davanti alle Commissioni riunite Cultura e Affari sociali della Camera, ha informato che quest’anno, grazie ad un finanziamento extra, il numero delle borse di studio per i medici specializzandi sarà aumentato di circa 700 unità.

Visite: 2523

Torna su